Circa il 5% di tutti i casi di carcinoma della mammella (CM) insorge in portatrici di mutazioni dei geni BRCA. Oltre il 50% delle portatrici si ammala, ma diversi studi hanno suggerito che il loro rischio possa essere modulato da fattori ambientali e nutrizionali in grado di interagire con le funzioni dei geni BRCA stessi, che spaziano dai processi di riparazione del DNA alla regolazione ormonale [1].
Lo studio dei soli casi “COS” [2; 3], coordinato dall’Unità di Epidemiologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e in collaborazione con 7 Paesi Europei, ha valutato l’interazione tra suscettibilità genetica e fattori ambientali (di stile di vita e nutrizionali) in 3123 donne con una diagnosi di CM entro i 40 anni (di cui 1671 in Italia).
Tra i fattori in studio, l’uso dei contraccettivi orali è risultato un fattore di rischio importante (OR = 1.76, 95% CI 1.2-2.6) per le donne ad alto rischio genetico, soprattutto se cominciato in giovane età (entro i 20 anni).
Tra i fattori nutrizionali, il latte vaccino è emerso come importante fattore di rischio con una OR = 2.23 (CI 1.28-3.90) per il quintile più elevato di consumo (> 229.4 g/giorno) rispetto ai non consumatori. Si ipotizza che il rischio da latte dipenda dallo stimolo che questo alimento esercita sulla sintesi del fattore di crescita insulino-simile di tipo 1 (IGF-1) ben documentato in numerosi studi [4].
Il consumo di verdure della famiglia delle crocifere è emerso invece come importante fattore di protezione per le portatrici di mutazione BRCA (OR = 0.58, CI 0.35-0.9) per il quarto quartile di consumo (> 18.8 g/giorno) rispetto al primo (< 3.9 g/giorno). Si ipotizza che questa protezione sia dovuta all'elevato contenuto di indolo-3carbinolo delle crocifere, che riduce l'attività degli estrogeni favorendone l'idrossilazione in C-2 piuttosto che in C-16 [5], antagonizza l'attività degli androgeni [6], attiva gli enzimi di fase-1 e -2 [7] e modula positivamente l'espressione del BRCA-1 [8].
Gli studi prospettici pubblicati dalla seconda metà degli anni '90 hanno dimostrato che alti livelli sierici di androgeni ed estrogeni, di insulina e di IGF-1 e bassi livelli della globulina che veicola gli ormoni sessuali (SHBG) sono associati ad un maggior rischio di CM sporadico [9-11]. L'insulina favorisce la sintesi degli androgeni nell'ovaio, l'espressione dei recettori degli ormoni della crescita (del quale l'IGF-1 è effettore) e inibisce la sintesi epatica della SHBG e di due delle proteine che veicolano l'IGF (le IGFBP1 e 2), aumentando così la biodisponibilità di questi fattori di crescita.
C'è ragione di ritenere, dunque, che un cambiamento dell'alimentazione diretto a ridurre l'insulinemia, e che comprenda anche l'abolizione del consumo di latte e l'introduzione di un moderato consumo di crocifere, possa ridurre l'incidenza del cancro mammario anche nelle donne portatrici di una forte predisposizione genetica.
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